Quasi un omaggio involontario al creatore della serie, il regista Tobe Hooper scomparso proprio a fine agosto, arriva sui nostri schermi l’ottavo film dedicato al buon (si fa per dire…) vecchio ”faccia di cuoio”. Supportato dal discreto (e quanto mai immeritato!) successo del Non aprite quella porta 3D, ci si potrebbe aspettare l’ennesima rimasticatura dello slasher con la motosega della terrificante famiglia di pazzi cannibali, senonché stavolta a dirigerlo ci sono i due francesi Alexandre Bustillo e Julien Maury.
I due registi, autori di pellicole piuttosto sconvolgenti anche per i patiti dell’horror contemporaneo (Livide e lo scioccante À l’intérieur ), sembrano in effetti aver dato nuova linfa alla saga dei massacratori texani. Tuttavia, proprio come il remake del 2003 e il riavvio del 2013, Leatherface non riesce a rendere del tutto la sporcizia, la crudeltà e l’efferatezza della realtà in cui vive la folle famiglia Sawyer descritta nel film di Hooper.
Non riuscendo a catturare fino in fondo il contesto hippy di quegli anni in cui fu girato e lottando per adattarsi, in maniera artificiosa, al film classico di cui vorrebbe essere il prequel, raramente si coglie quel realismo atroce e cinico che contraddistingue la pellicola capostipite della saga…
La vicenda si colloca agli esordi della carriera da maniaco seriale del nostro Leatherface e si basa sulle crudeli disavventure di quattro giovinastri appena scappati da un ospedale psichiatrico con ostaggio seguito e relativo poliziotto “incarognito” che li bracca per vendicarsi. Scopriremo così il tremendo trattamento che ha dato origine alle terrificanti pulsioni assassine del mostro dalla “faccia di cuoio”.
Tratto da un soggetto del maestro Tobe Hooper, il film non annoia, soprattutto se lo si considera un macabro road movie, e ci regala anche qualche momento piuttosto disturbante. Bustillo e Maury hanno inoltre il pregio di mantenere e, a tratti esaltare, la geniale trovata della location assolata, implacabile e desertica che aveva fatto di The Texas Chainsaw Massacre nel 1974 una vera svolta innovativa nell’ambientazione horror cinematografica. È particolarmente apprezzabile anche la scelta di contenere al massimo gli effetti in cgi , ricorrendo a dei più convincenti e ben curati effetti speciali meccanici e prostetici tradizionali.
Se a ciò si aggiunge una discreta performance degli attori (Stephen Dorff su tutti), direi che questo Leatherface è un accettabile serial-horror, da gustarsi prima con pop corn e bevanda ghiacciata e poi con una buona bistecca di manzo (naturalmente al sangue!) subito dopo la proiezione. Non me ne vogliano vegetariani, vegani e anime sensibili,cui il film potrebbe anche creare qualche problema…
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